Non lo era già con quello base, e non lo può essere con quello super (da vaccino), stante l’obbligo vaccinale. Lo smart working, parimenti l’attività lavorativa, non può essere utilizzato in frode alla legge. Ma con l’applicazione legalista di questi principi, qual è il bene ultimo da tutelare? Se la funzione della sanità pubblica è quella di tutelare la salute di tutti e ridurre la circolazione del virus, con ogni mezzo ed in ogni luogo, ci si domanda, da casa sua, come potrà infettare altre persone il “lavoratore agile”? Analoga questione è quella della sospensione per inadempimento vaccinale per i sanitari guariti. I sanitari non vaccinati, ma guariti dal Covid, non potranno in ogni caso tornare a lavoro. Il vaccino resta obbligatorio per annullare la sospensione. Pertanto, la guarigione non costituisce un elemento determinante per l’Ordine professionale di appartenenza, che invece è chiamato ad accertare lo stato di avvenuta vaccinazione del professionista. Pertanto, se un operatore sanitario non vaccinato si contagia e guarisce, non può essere reintegrato all’interno del proprio posto di lavoro. La legge prevede che occorra in ogni caso la vaccinazione e non la semplice guarigione. Importanti novità sull’obbligo green pass per lavorare giungono dal Tar del Lazio che ha emesso due decreti monocratici d’urgenza destinati ad accendere il dibattito. Il primo decreto riguarda il ricorso presentato da un agente della Polizia penitenziaria, mentre il secondo riguarda il ricorso presentato da alcuni appartenenti alle Forze armate e alle Forze dell’ordine. In ogni caso, ed indipendentemente dalla scadenza dello stato emergenziale, sono emerse incongruenze sull’applicazione dell’obbligo vaccinale nell’ambito dello smart working:
da più parti viene sostenuto che lo smart working non può essere una misura elusiva del Green pass.
Il ricorso dell’agente della Polizia Penitenziaria è stato accolto perché sono stati ravvisati elementi di illegittimità costituzionale nella normativa concernente l’obbligo di certificazione vaccinale, ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa; ma anche, profili di pregiudizio grave irreparabile, in relazione alla privazione della retribuzione e quindi della fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita. Con riferimento al secondo ricorso, il TAR Lazio ha stabilito che, seppur non sia stata esibita documentazione attestante l’adempimento dell’obbligo vaccinale, il personale della Forza Armata e di Polizia deve comunque ricevere lo stipendio. Inoltre ha disposto la sospensione delle Circolari impugnate, almeno fino alla camera di consiglio in programma il prossimo 16 marzo 2022. Tali Circolari prevedono, a partire dal 15 dicembre 2021, l’obbligo vaccinale per il personale della Difesa, compresa la terza dose di farmaco. Al di là di come si esprimerà il Consiglio collegiale, si tratta di decisioni che faranno giurisprudenza. Come si può evincere la situazione è in piena evoluzione e tutt’altro che semplice. A prescindere dalle diverse posizioni, ugualmente legittime, non si può non domandarsi: dove termina la protezione e dove ha inizio la punizione?
(antoniosbrescia@studiosbrescia.it)
Dott. Antonio Sbrescia
Nelle ultime settimane si stanno scontrando due teorie diametralmente opposte su come affrontare la fase post-pandemica. La linea anglosassone (e non solo), incline alla riapertura totale e quella tutta nostrana, ispirata alla massima cautela, a detta di molti anche eccessiva. In tema di lavoro, è utile riepilogare che, ancora oggi, vige l’obbligo di vaccino anti-Covid per le seguenti categorie di lavoratori: sanitari e personale amministrativo della sanità; docenti e personale amministrativo della scuola; militari, forze di polizia, compresa la polizia penitenziaria; personale del soccorso pubblico; personale universitario (dal 1° febbraio, senza limiti di età). Dal 15 febbraio, per tutti i lavoratori over 50, sia pubblici che privati, vige l’obbligo vaccinale, sia che si lavori sul posto di lavoro sia da casa. Per altri mestieri e professioni è sufficiente il greenpass base, ottenuto con tampone molecolare (validità 72 ore) o antigenico (48 ore). I lavoratori che ne sono sprovvisti saranno considerati assenti ingiustificati e sospesi senza stipendio, anche se manterranno il diritto di conservare il proprio posto di lavoro. Ebbene, molte di queste misure hanno da subito generato dubbi e perplessità, e con l’avvicinarsi del 31 marzo, data di scadenza dello stato di emergenza, si delineano con maggior forza posizioni critiche.
Con la fine dell’emergenza verrebbe meno il presupposto giuridico per imporre l’obbligo della vaccinazione; si dovrà valutare la praticabilità di un nuovo strumento che limita le libertà senza l’ombrello giuridico di uno stato eccezionale.