Pertanto, anche nel caso vi fosse stata un’assunzione a tempo indeterminato, di pochi giorni o con part-time di poche ore settimanali, o addirittura 10 anni prima, l’azienda non potrebbe godere di alcuna agevolazione. Incredibile a credersi ma sembra proprio così, salvo nuovi improbabili ribaltamenti in sede di circolari Inps o ministeriali. È facile comprendere che cadrebbero nel vuoto le attese della classe imprenditoriale, laddove anche tra i più ottimisti, vi fosse stata intenzione di procedere a miracolose assunzioni, dato il periodo. Per le donne la limitazione invece concerne la durata. La speranza era che anche per questa categoria di lavoratori fosse previsto un arco temporale del bonus di 3/4 anni. Di fatto, invece, sono stati riproposti i termini dell’incentivo previsto dalla legge Fornero del 2012, ovvero 12 mesi in caso di assunzione a termine, 18 mesi per il contratto a tempo indeterminato, purché siano disoccupate da 24 mesi o senza un impiego regolarmente retribuito da 6 mesi per coloro che risiedono al Sud. Per non parlare della necessità che tale assunzione realizzi un incremento di organico rispetto a quello mediamente esistente negli ultimi 12 mesi. Un’ulteriore limitazione, che riguarda entrambe le categorie, attiene al quantum del beneficio. Non è sgravata l’intera contribuzione a carico azienda, ma viene stabilito un tetto di € 6.000,00 all’anno, ovvero un importo che riesce a coprire a mala pena gli oneri previdenziali previsti su uno stipendio lordo mensile di circa € 1.500,00. Venendo ancora ad applicazioni pratiche, come dimenticare l’onnipresente DURC? Il documento unico di regolarità contributiva, emesso dagli Istituti previdenziali e assistenziali, e che certifica la regolarità delle aziende nei loro confronti. L’esistenza di DURC regolare è fondamentale per non incorrere nel rischio di dover restituire tutti i benefici di cui si è usufruito, con l’aggiunta di sanzioni e interessi, e con danni facilmente immaginabili. È fondamentale su questo fronte che gli imprenditori si attivino da subito, per verificare la propria posizione ed intervenire per adeguarsi tempestivamente, anche a mezzo dilazioni, opposizioni amministrative e/o giudiziarie che blocchino il decorso delle pendenze debitorie. Spesso la mancata regolarità è più imputabile ad una gestione superficiale e poco accorta.
(antoniosbrescia@studiosbrescia.it)
Dott. Antonio Sbrescia
Con l’auspicio che il nuovo anno sia foriero di salute e rilancio, diamo anche inizio alla rubrica mensile (il primo venerdì di ogni mese) che lo Studio Sbrescia, in collaborazione con Sviluppo Azienda-network di professionisti impegnati nella consulenza aziendale ha avviato con il quotidiano La Repubblica, avente ad oggetto tematiche concernenti il complesso mondo delle imprese. Obiettivo di questa collaborazione è di accompagnare gli imprenditori su argomenti e problematiche affrontati quotidianamente e di dare risposte ai quesiti che eventualmente riterrete di sottoporci. La legge di bilancio n. 178/2020 è stata approvata in via definitiva dal Parlamento. In materia di lavoro sono diverse le novità e purtroppo non tutte positive, almeno rispetto alle bozze che circolavano e alle aspettative generali. La domanda che oggi si pone l’imprenditore o un qualunque datore è: ci sono agevolazioni o sgravi che ci diano un concreto aiuto dopo il terribile tsunami che si è abbattuto sull’economia italiana e internazionale? Indubbiamente il pacchetto a sostegno delle imprese è corposo, ma sulle principali norme si inizia ad avere una prima sensazione di fregatura, per lo meno parziale. Soffermiamoci, per oggi, sulle due misure più significative e più pubblicizzate: lo sgravio per i giovani di età inferiore ai 36 anni e per le donne. Per entrambe le categorie ci si attendeva uno sgravio totale sui contributi a carico delle aziende, per un periodo molto lungo e con l’obbligo (corretto) che l’assunzione del lavoratore fosse a tempo indeterminato. Con riferimento ai giovani sono state confermate le previsioni in riferimento alla durata (3 anni, che diventano 4 per le regioni del mezzogiorno), con specifica limitazione (anche in questo caso condivisibile) che l’azienda non abbia proceduto, nei 6 mesi precedenti l’assunzione, a licenziamenti di natura economica, e che non ne effettui neanche nei 9 mesi successivi, nei confronti di lavoratori che abbiano la medesima qualifica e nella stessa unità produttiva. Tuttavia, il vero elemento negativo, tale da depotenziarne quasi interamente gli effetti, fino a farlo diventare un beneficio per pochi, sta nel fatto che il lavoratore under 36 non deve essere mai stato assunto a tempo indeterminato con lo stesso datore di lavoro (ci poteva stare), né con nessun altro datore in precedenza.